Nuda per la prima volta a PDSM

Questo mese ho fatto parte di PDSM, Pole Dance Stripper Movement, la gara di pole dance di Gemma Rose. PDSM è una gara creata da una spogliarellista per celebrare le origini della pole dance. Visto che avviene in uno strip club, ho pensato che fosse l’occasione perfetta per finire di ballare nuda. Quindi beccatevi questo post (accompagnato dalle foto di Richard Sayles) sul perché ho deciso di spogliarmi del tutto per la prima volta e su come unisco la pole dance alla mia carriera di ricercatrice, visto che molt* di voi ancora non hanno colto il legame.

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Perché scrivo questo post anche in italiano?

Avrete notato che non scrivo più in italiano spessissimo. Ho lasciato l’Italia a 18 anni ed ora, a 31, dopo anni trascorsi tra l’Inghilterra e l’Australia, il mio pubblico, la mia vita, il mio lavoro sono principalmente in inglese, anche se parlo italiano tutti i giorni. Questa volta però, in occasione della mia prima esibizione completamente nuda, ho voluto scrivere un post ‘doppio’ per parlare di quest’esperienza in entrambe le lingue.

La pole dance e il lavoro

La ragione principale per cui scrivo questo post in italiano non è, come alcun* possono pensare, per la mia famiglia e i miei contatti che non parlano inglese. In realtà, scrivere questo post nella mia a volte po’ arrugginita madrelingua per me è un modo di affrontare uno dei blocchi che ancora mi prevengono (o spero, mi prevenivano) di godermi la pole dance del tutto.

Non vi racconterò la storia della mia vita – la trovate in modo un po’ più approfondito qui – ma ho iniziato a fare pole dance durante un master in criminologia in Australia, quando mi stavo riprendendo da una relazione violenta e quando soffrivo d’ansia e depressione. La pole dance mi ha dato una passione, una comunità e mi ha aiutata a riappropriarmi del mio corpo in un momento in cui mi sentivo di averlo perso, e in cui avevo poche ragioni per vivere. Per me è importante a livello fisico ed emotivo, non solo per la situazione da cui mi ha tirata fuori, ma anche perché, inconsapevolmente, mi ha dato una carriera.

E’ grazie alla pole dance che, nei lockdown, quando molte altre forme di lavoro non erano disponibili, mi sono mantenuta insegnando lezioni online durante il mio dottorato. Ed è grazie alla (o per colpa della) censura che i social continuano ad applicare sugli account che condividono pole dance o nudo che ho iniziato a fare attivismo anti-censura e che mi sono specializzata nello studio della moderazione dei contenuti sui social. La pole dance – qualcosa che per molt* sarebbe dovuta essere e ancora è una fonte di discriminazione – mi ha lanciata in questo campo di lavoro, portandomi a pubblicare il primo studio scientifico sullo shadowban di Instagram e trasformandomi in un’esperta riconosciuta non solo da collegh* delle università globali ma anche dal New York Times, Wired, dalla BBC e da Il Post nostrano.

Purtroppo però mi rendo conto che, quando si parla di me in italiano, complici i miei contenuti in inglese ma soprattutto il patriarcato, sono solo una pole dancer, o al massimo una pole dancer censurata. Mentre sia la stampa che le persone English-speaking riescono a cogliere il fatto che grazie anche alle mie esperienze personali sono un’esperta di criminologia digitale e censura, quando si parla di me in italiano si parla di me come nel servizio de Le Iene a cui mi son pentita di aver partecipato: Carolina (senza titolo o cognome), che fa pole dance e si sente discriminata, ma che per qualche oscura ragione sa tante cose sulla tecnologia. In sostanza, chi mi legge in italiano preferisce una versione tabloid e riduttiva della mia vita.

Nuda, pole dancer, (più) libera?

Ho notato che questa mancata comprensione della mia vita da chi parla la mia madre lingua, unita ai pregiudizi e gli stereotipi coi quali le donne e le persone LGBTQIA+ crescono in Italia, non solo mi infastidisce personalmente, ma mi impedisce anche di godermi la pole dance appieno. Poche cose mi portano gioia nella vita come la pole dance, e non solo per le endorfine: quando cresci in una società dove puoi essere solo figlia, moglie, madre, parente, dove una qualsiasi deviazione dalla normalità è fonte di gossip o di un ‘se l’è cercata,’ per me è importante esprimere e vivere la mia sessualità da donna trentenne bisessuale sex positive in ambienti sicuri e accoglienti. La pole dance è uno di quegli ambienti.

Recentemente però, guardando altr* pole dancer, mi rendevo conto della loro libertà di esprimersi con coreografie estremamente (e a volte solamente) sensuali anche al di fuori della tecnica, una libertà che a me mancava. Subconsciamente, nascondevo sempre gli elementi più sensuali sotto mosse difficili – che mi piacciono comunque tantissimo e con cui adoro sfidare il mio corpo – come se la loro difficoltà giustificasse il ‘peccato’ della sensualità. Insomma, non mi prendevo sul serio quando cercavo di esprimermi sensualmente, e questa cosa mi impediva di godermi un’arte che nasce negli strip club a causa di paure internalizzate causate dalla società in cui sono nata, e da una paura subconscia di perdere la credibilità lavorativa, nonostante il fatto che sia stata assunta anche perché faccio pole dance.

Partecipando a PDSM con la performance che avevo in mente, volevo mettere tutte queste voci interne a tacere. Parlarne è uno dei modi di farlo, quindi mi sembrava naturale parlarne anche nella lingua che associo a questi pregiudizi interni.

PDSM e le gare di pole dance

Le gare di pole dance sono uno dei pochi ambienti dove si può fare un’esibizione di pole al di fuori del lavoro in uno strip club, in un’esperienza a metà tra cabaret e gara agonistica. Le gare però sono spesso poco inclusive di tutti gli stili e di tutte le abilità, e giudicano duramente chi lavora nei night perché non sempre chi fa l? stripper fa mosse difficili. Piccola parentesi: in Inghilterra, l* stripper guadagnano dalle lap dance (i balli sul grembo dei clienti) e non dagli show di pole come in America, quindi per loro imparare le figure non è una priorità – una cosa che l* penalizza molto alle gare.

Proprio per questo PDSM, che rifà il verso al BDSM, nasce con lo scopo di essere la gara di pole dance più libertina del mondo, celebrando la varietà dello Stripper Style pole dancing e creando uno spazio sicuro e inclusivo per tutt*, ma soprattutto per sex worker e alleat*.

Il mondo delle gare di pole è strano: il feedback è spesso pressoché inesistente escluso il punteggio della graduatoria; chi giudica non è sempre adatt* a farlo; le giornate sono lunghissime e poco soddisfacenti, in gran contrasto con il glamour di fare esibizioni piene di glitter, costumini e luci abbaglianti.

A differenza di molte gare, PDSM ha un sistema di giudizio molto preciso, dà più tempo ai giudici per giudicare e ha una moderatrice per fare in modo che i giudizi siano equi. In più, mentre paradossalmente a molte gare di pole puoi essere squalificat* se ti cade un copricapezzolo o se hai una wardrobe malfunction, a PDSM il nudo integrale è benvenuto e incoraggiato, complice anche la location – uno strip club di Birmingham fuori dagli orari di lavoro, quindi con la licenza per mostrarti nuda.

Sono stata una dei primi fan di PDSM, avendo intervistato Gemma prima singolarmente, e poi proprio a riguardo della gara, che inizialmente doveva essere a Londra, con due pali – uno spin e uno statico (si, il palo gira e Babbo Natale non esiste). Purtroppo però, nonostante avessi fatto domanda per la prima edizione, l’ho dovuta ritirare: mi ero infortunata, e per conflitti col management del night di Londra Gemma ha spostato la gara a Birmingham, dove il palo era uno solo, statico e di 50mm di diametro.

Per chi non conoscesse il mondo della pole, i pali da strip club hanno 50mm di diametro, il che rende certe prese più difficili per chi ha le mani piccole, mentre i pali da studio sono di 45mm. Ognun? ha preferenze diverse tra static e spin, ma io preferisco lo spin perché è il movimento con cui ho iniziato in Australia, dov’è più popolare. Quindi tra l’infortunio e un palco diverso rispetto alla routine che stavo preparando ho deciso di aspettare un anno.

Preparazione per la gara

Per gareggiare si fa domanda, e le domande per PDSM chiudevano a fine primavera 2023. Visto il numero record di persone che hanno mandato un video per entrare, abbiamo saputo i risultati solo ad Ottobre.

Quando ho scoperto di essere una delle cinque finaliste della categoria Show, caratterizzata da mosse difficili e tanta energia, mi è preso un colpo. Tant* poler che ammiro non erano riuscit* ad entrare, quindi il desiderio di fare una bella figura era tanto.

Anche se una volta qualificatami da istruttrice, ho dovuto insegnare su static, non è mai stata la mia preferenza durante le mie esibizioni. Quindi, appena avuto notizie da PDSM, mi sono messa a perfezionare lo static pole, che ho sempre trascurato perché su di me le mosse statiche sembrano sempre tipo: “TA-DAH! HO FATTO UNA FIGURA!”

E’ grazie ai tutorial della mia amica Kheanna Walker, una bestia del dynamic static, che sono riuscita a costruire la forza e le combo necessarie.

“Ma veramente vuoi finirci nuda?” (E se poi te ne penti?)

Una volta dentro, e sapendo che a PDSM potevo veramente spogliarmi nuda del tutto, ho iniziato ad esplorare l’idea. Da criminologa digitale e survivor di violenza, ho sempre avuto il terrore di perdere il controllo del mio corpo, e anche della mia immagine. Proprio per questo non mando mai foto dove appaio nuda, ma solo una versione privata dello stesso stile di foto e contenuti che vedete sui miei social.

Ovviamente, la condivisione non consensuale di foto intime non è colpa delle vittime. Di questi tempi, anche se non hai mai mandato una foto esplicita, ti potrebbero trasformare in un deepfake porno come hanno fatto a Taylor Swift. Ma io sono una control freak e preferisco sempre evitarmi patemi d’animo, quindi l’idea di spogliarmi a PDSM aveva il rovescio della medaglia: e se qualcuno condividesse foto mie da quell’evento?

Pensandoci, ho realizzato che la segretezza e lo svergognare le persone è uno degli elementi che danno più potere a chi condivide immagini intime senza consenso. Io però non avevo intenzione di nascondere il fatto di essere nuda. Quindi il controllo rimaneva mio, in un ambiente che sembrava sicuro sul nascere.

In parte, il mio interesse per finire di ballare nuda sul palco era una questione di esperienza. Quando avrei mai avuto l’occasione di farlo di nuovo in uno spazio così sicuro? Soprattutto, poi, mi sentivo un po’ un’impostora a partecipare a una gara in omaggio allo Stripper Style e alle fondatrici della disciplina che amo senza spogliarmi.

Ho preso PDSM e l’opportunità di mostrarmi nuda sul palco come un modo di ringraziare il corpo che ho passato anni a nascondere sotto magliettone da metallara, per dimostrare al mondo che ero più di un corpo e di un oggetto quand’ero ragazzina. Poi sono subentrate le paure di non essere abbastanza magra o bella, un’altra colpa che attribuivo al mio corpo. E dopo ancora, quando ho iniziato a fare ricerca, per anni ho separato i miei account professionali da quelli di pole dance per evitare pregiudizi, per poi riunirli e dimostrare al mondo (ma forse non ancora agli Italiani) che posso fare entrambe le cose.

Ora, l’unico blocco per prendermi seriamente anche quando ballavo in modo più sexy era il mio stesso blocco mentale. E mi ero stancata di sentirmi così.

Tema e canzone

Anche prima di sapere di essere entrata nella finale di PDSM, avevo detto alla mia amica Cassie che mi sarebbe piaciuto usare la gara per una performance su Freeek! di George Michael, un classico e capolavoro sottovalutato che ricordo dalla mia infanzia.

Freeek! è una canzone strana per George Michael, diversa dal suo solito repertorio. Piena di riferimenti allinternet anni 2000 – addirittura pure il suono della linea che si connette – e con una vibe molto stile hypersex da primi anni del millennio, Freeek! non si classificò bene nelle hit parade statunitensi, che la censurarono insieme al suo video ritraente un George in stile diavolo rosso fetish e cyberpunk. Con beat sporchi e twerkabili, chitarre potenti e un richiamo alla tecnologia e alla censura, Freeek! era la canzone perfetta per una ricercatrice / pole dancer come me.

Ho sempre voluto fare una coreografia e un’esibizione su questa canzone, ma non mi sapeva di ritmo da spinning pole, la mia modalità di ballo preferita. Freeek! ha dei beat molto netti, non allungati per un movimento lungo e fluido. Con un palo forzatamente statico come quello di PDSM, era arrivato il momento di provare a ballarci.

C’era solo un problema: non potevo certo ballare su una canzone che urlava “sensual freak” e non spogliarmi, no?

Questa lotta interiore, il “nuda o non nuda, questo è il dilemma,” ha attirato l’attenzione del film-maker Luke Naylor-Perrott, con cui avevo lavorato a un corto sul riconsiderare il gender (per la felicità di Giorgia Meloni e Papa Francesco). Dopo il lancio del corto e dopo essere venuto a sapere della possibilità che facessi questa gara, Luke mi ha chiesto di filmarmi per un nuovo progetto: mostrare la dualità della mia vita, tra pole dance e ricerca. Il documentario si fondava sulla tensione del nudo: mi sarei davvero fatta vedere nuda a PDSM? E se si, Luke mi avrebbe davvero mostrata nel documentario?

Un mese prima della finale ho deciso che mi sarei effettivamente spogliata del tutto a PDSM.

Per prima cosa l’ho detto ai miei genitori, perché mi piace essere trasparente sulle cose che poi possono vedere sui social – nella mia città ci sono degli sfigati che fanno vedere loro i miei post pensando di imbarazzarli, ma loro sanno già tutto perché glielo dico io, e perché ci seguiamo a vicenda.

Ovviamente i miei non erano contentissimi, ma sapevano che sono sarda e testarda, e che non stavo chiedendo loro il permesso.

Ecco com’è andata a finire.

Come mi sono spogliata

Content warning: mestruazioni.

Visto che la mia sfiga non ha eguali, ovviamente mi è venuto il ciclo il giorno prima della gara, in anticipo. Durante PDSM ero al secondo giorno, quello più duro per me – il giorno in cui mi sarei mostrata nuda per la prima volta. Evvai.

PDSM ha finito per essere una vera full immersion nella vita delle spogliarelliste, e non solo per il nudo integrale: dopo aver chiesto alle mie amiche spogliarelliste e aver bazzicato su alcuni forum di Reddit (sconsigliatissimo), ho tagliato la cordicella a un assorbente interno per poi doverlo partorire dopo l’esibizione. Per me che odio i Tampax o le coppette – da anni ormai uso le mutande assorbenti – ho ancora più rispetto per le spogliarelliste, che devono usare questa tecnica una volta al mese.

Per finire è stato meglio avercelo, il ciclo. Per due settimane ero afflitta da un dolore terribile alla zona dei reni, tant’è che pensavo di essermi infortunata o di avere un’ernia. Una volta arrivato il ciclo mi son resa conto che si trattava solo di dolori premestruali, e ho gareggiato più tranquilla.

La mattina della gara, Luke e Jay, l’altr? cameraperson, sono venut* a prendermi al mio Airbnb con un panino all’uovo e bacon (non mi sono inglesizzata, avevo solo bisogno di una colazione più sostanziosa della mia solita pasta con cappuccino), e poi mi hanno seguita al locale. Le riprese son state sia un’esperienza rilassante – parlare con la telecamera era uno sfogo – ma anche stressante perché non sapevo se Luke mi avrebbe mostrata nuda o no, e ancora non ha deciso!

Il costume che avevo scelto per l’esibizione era un body inesistente pieno di stringhe in vinile rosso e un passamontagna rosso con le corna da diavolo, entrambi un regalo di Naughty Thoughts (potete usare il codice: Bloggeronpole10 per avere il 10% di sconto sulla loro linea). Con un body così complicato, finire nuda non era scontato.

Ho coreografato lo strip in modo da non finire in stile visita ginecologica, con una spaccata frontale. Non perché ci sia niente di male, ma io spero sempre di poter postare contenuti che sfuggono alla censura e che, in teoria, rispettano le linee guida della community (anche se Mark Zuckerberg non è mai d’accordo con me).

In questo modo ho potuto ritardare lo strip, giocando col costume e col pubblico, prima mostrando i miei copricapezzoli a forma di fiamma fatti da Tats & Tissels e poi mettendo i lacci del body tra i denti, ispirandomi alle fantastiche performance della mia amica Cassie Pickersgill. Ho finalmente tolto il body con una capriola in avanti, per poi finire la coreografia nuda, ma in ginocchio, mostrandomi solo fino all’ombelico.

Condividere questa performance in un ambiente così accogliente e sicuro è stato liberatorio. Non avrei potuto scegliere un’occasione migliore per spogliarmi del tutto, e sono infinitamente grata. a Gemma per quest’opportunità. Sentire il pubblico in delirio, e partecipare a un contest che accoglieva ogni performer, è stato fantastico.

Ho deciso di scendere dal palco coperta da una vestaglia, perché anche se mi fidavo del pubblico preferivo mantenere il controllo delle angolazioni da cui mi potevano fotografare. E poi, la libertà.

Nella gara che ho fatto prima di PDSM ero quasi l’ultima, quindi non avevo potuto vedere nessun’altra performance. Fortunatamente la mia categoria era la seconda e terminava alle 16.30, quindi mi son potuta godere tutte le altre performance davanti a un meritato drink.

Guardate la mia esibizione qui (no non mi vedrete nuda del tutto, respirate)

Ripresa dalla bravissima Zeta Spyraki, ecco la mia performance. L’ho messa su Vimeo perché YouTube me la segnalava come violazione del copyright (*sbadiglio*) – ma la potente anche guardare, condividere e commentare su Instagram qui.

Ovviamente ho dovuto tagliare il video prima che possiate vedermi completamente nuda (sorry) perché altrimenti quei bacchettoni dei social i cancellano l’account.

Riflessioni sull’esibizione

Non mi sono qualificata a PDSM, il che vuol dire che ancora non ho mai vinto una gara da quando insegno pole dance da professionista. Quella sera e il giorno dopo sono stati duri per una secchiona come me, abituata a ottenere risultati. Non avevo potuto vedere le performance delle vincitrici, per cui sono contentissima, e avevo ricevuto molti complimenti, quindi pensavo di qualificarmi. Sarei un’ipocrita a non ammettere che ci sono rimasta male, e sono infinitamente grata alle mie amiche Cassie e Rachel che mi hanno sopportata in un momento in cui non ero di gran compagnia.

A qualche giorno di distanza però mi rendo conto che le cose più importanti per me son già successe: quella di PDSM è stata la mia migliore esibizione in sette anni di pole dance, un’esibizione che voglio trasformare in qualcosa da presentare più spesso ad eventi vari, perché a differenza di altre coreografie che avevo portato alle gare, e di cui mi ero stancata, mi piace ancora.

Soprattutto, a PDSM ho imparato che so prendermi sul serio e divertirmi anche in performance più sensuali, e che posso fare mosse difficili e coreografie sexy allo stesso tempo. Ho scoperto che la paura di non prendermi sul serio era solo nella mia testa: se non ti prendi sul serio tu, non sarà il pubblico a farlo. Ma ho creduto di poter fare una performance del genere, e l’ho fatta. Non mi sono mai sentita così tranquilla prima di un’esibizione, e questa tranquillità non veniva solo dall’accoglienza della gara, ma anche del fatto che sapevo chi ero come performer, e che ho portato quello che sapevo fare meglio sul palco.

Riflessioni sullo strip

Sarà stata un roba una tantum, o mi mostrerò nuda in altre performance?

A PDSM ho capito che nel posto giusto, con la licenza giusta, non ho alcun problema a spogliarmi del tutto.

Prepararmi per questa esperienza mi ha dimostrato come i pregiudizi e la società in cui sono cresciuta mi abbiano portata subconsciamente a separare mente e corpo. Ma tutt* abbiamo e abbiamo bisogno di entrambi: abbiamo tutt* (spero) una vita sessuale, e usare o mostrare il corpo non cancella la mente. Nascondere il corpo genera un senso di vergogna che è così in contrasto con la libertà della sua condivisione, e della condivisione della propria sessualità col mondo. Farlo genera importanti riflessioni sul sesso, sull’espressione creativa, sul lavoro e sullo stigma che prova chi fa sex work e che ci educa a una vita più tollerante.

Con la mia paura di prendere la mia sensualità sul serio confermavo che la paura di non essere presa sul serio a lavoro, o di mettere a disagio le persone, aveva un fondo di verità. In realtà, stavo solo portando con me un bagaglio arretrato di pregiudizi nati dalla società in cui sono cresciuta.

Non sono e non voglio essere più quella persona. Il mio corpo ha una voce, e merita attenzione tanto quanto il mio cervello o il mio lavoro. Non esiste l’uno senza l’altro. Sono una donna bisessuale di 31 anni, con una vita sessuale così come una professionale, ed entrambe sono importanti e bisognose di tempo e attenzione.

Non voglio circondarmi di persone che non lo capiscono, e non ho più intenzione di rimpicciolirmi per non mettere altr* a disagio perché, come dimostrato dalla mia ricerca sulla censura, nascondere e condannare la sessualità e l’espressione sessuale è dannoso per la vita delle persone. I miei movimenti, il mio corpo, la mia sessualità devono ora iniziare a riflettere i valori per cui combatto con la mia ricerca.

Da PDSM sono anche scaturite delle conversazioni importanti coi miei genitori che, pur essendo i miei più grandi supporter, forse non avevano colto fino in fondo quanto fossero importante la pole e le esibizioni per il mio benessere fisico e mentale. Il loro rapporto con la mia condivisione così pubblica di questa passione non è lineare: soprattutto mio padre apprezza il valore sportivo della disciplina, ma non il fattore ‘show’ ed esibizione. Mi auguro che le conversazioni scaturite dalla gara abbiano portato avanti questo loro rapporto con quello che faccio. Non è necessario che i genitori approvino tutto della vita dei loro figli adulti, ma se sanno che questa vita li fa stare bene e non li mette in pericolo, la conversazione e la comprensione sono importanti per mantenere i rapporti.

Se volete gareggiare a PDSM

Se volete fare domanda per gareggiare a PDSM, quest’ultimo pezzo del blog è per darvi un’idea della gara di Gemma.

Anche prima della finale, era chiaro che PDSM sarebbe stata la gara con la migliore comunicazione tra organizzatori e partecipanti a cui abbia mai partecipato. Ci sono stati dei problemi prima dell’annuncio – a quanto pare chi è entrat? in finale l’ha scoperto un giorno prima di chi non si era qualificat?, quindi quest* ultim* sono rimast* sulle spine quando hanno iniziato a vedere gli annunci circolare sui social. In passato questo è successo anche a me, e per quanto sia fastidioso lo vedo come il risultato di un business che cresce e che può migliorare.

Nonostante questo, le comunicazioni tra PDSM e noi finalist* era così specifica e accurata che, tramite email approfondite e annunci sugli Amici Più Stretti dell’IG della gara, Gemma ci faceva sapere cose che non avevo neanche preso in considerazione. Per questo, PDSM è stata forse la prima gara dove, il giorno della finale, non avevo nessuna domanda per chi organizzava, il che ha reso un’esperienza stressante molto più tranquilla.

ll giorno in sé sembrava uno show teatrale, con una scaletta riguardo alla quale venivamo sempre aggiornat*, facendoci sentire come se la nostra preoccupazione dovesse essere solo esibirci. Tutte le gare dovrebbero essere così, ma purtroppo non lo sono – ho fatto gare (anche in Italia) dove la scaletta tardava di due ore e i giudici se ne andavano a pranzo dopo averci detto di prepararci a salire sul palco.

Il locale scelto per la gara era fantastico, con tende di velluto rosso e luci colorate, lo sfondo migliore per una gara come PDSM. In generale, l’atmosfera accogliente creata da Gemma e da tutte le persone che lavoravano a PDSM e scritta nei valori e nelle regole della gara si è sentita durante tutta la giornata, con una delle vibe migliori che abbia mai provato dietro le quinte. Le spogliarelliste organizzano gli eventi migliori!

La cosa più difficile della giornata è stata la sua lunghezza. Sono entrata nel locale alle 10.30 del mattino e sono uscita quasi alle 21. Tra prove, la gara stessa, discorsi degli sponsor, performance delle ospiti e il tempo per giudicare la finale, PDSM è una giornata lunghissima che richiede snacks e tanta pazienza. Nonostante ciò, visto che la mia categoria si esibiva abbastanza presto, mi sono potuta godere il meglio dello Stripper Style e dell’Old School inglese e uno show fantastico, e sono veramente fiera di aver fatto parte di questo line up.

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